Quali informazioni raccoglie Google attraverso i Glass? Con chi le condivide? Come intende utilizzarle? Come viene garantito il rispetto delle legislazioni sulla privacy?
Queste sono alcune delle domande che il Gpen (Global Privacy Enforcement Network) presenterà a Google sui Glass, gli occhiali a realtà aumentata che da Mountain View promettono di cambiare le abitudini degli utenti. Che il Glass Project avesse trovato ostacoli nelle istituzioni, un po’ di tutto il mondo, era prevedibile: bisognerà definire attentamente quali informazioni saranno in grado di captare, gestire, diffondere.
Anche l’Italia, tra i paesi del Gpen, si è espressa sulla questione. Così Antonello Soro, il Garante italiano per la Privacy, su Repubblica:
“Le nuove tecnologie sono state sempre connotate dal binomio opportunità-rischi, ma certo i Google Glass lasciano prevedere grandi pericoli per la vita privata. Chiunque finisse nel raggio visivo di chi indossa questi occhiali potrebbe, a quanto è dato sapere, venire fotografato, filmato, riconosciuto e, una volta avuto accesso ai suoi dati sparsi sul web, individuato nei suoi gusti, nelle sue opinioni, nelle sue scelte di vita. La sua vita gli verrebbe in qualche modo sottratta per finire nelle micro memorie degli occhiali o rilanciata in rete.
Soro, ancora:
“Ci sono già norme che vietano la messa on line di dati personali senza il consenso degli interessati. Ma di fronte a questi strumenti le leggi non bastano: serve un salto di consapevolezza da parte di fornitori i servizi internet, degli sviluppatori di software, e degli utenti. E’ indispensabile ormai riuscire a promuovere a livello globale un uso etico delle nuove tecnologie”.
La questione si fa delicata. Da un lato le idee, l’innovazione, i ritmi forsennati di Google. Dall’altra parte le istituzioni, europee in particolar modo, abituate a ben altri modi di fare e d’intendere. Partita aperta.